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Gira la vecchia giostra

del cavallo bianco e oro.

Gira gira gira.

Vieni con me.

Cavalca il cavallo bianco e oro.

Lo vedi. Lo senti.

Lui sogna le steppe

infinite fughe.

Non si azzuffano, sai,

i cavalli bianchi e oro.

Non s’accapigliano

sulla via lattea.

Non sanno.

Vieni con me.

Cavalca il cavallo bianco e oro

della vecchia giostra

che gira gira.

E se piove, pioverà.

Se notte, annotterà.

Oltre l’alba girerà.

Vedrai, mai fermerà.

Bianco e oro

gira il cavallo, e girerà.

 

 

D.A.

Da uno sconcio fiato

di vecchia armonica

rattoppo stanze d’intelletto

calafataggio estremo

d’una carne di stoppa.

Col mazzuolo stretto in mano

batto scalpello

e rintoppo lacrime di gelo.

Ho lacerato

un vestito di conchiglie vuote

nell’ultima magica olofania.

S’acquieta ora il mare

di corrusco acciaio il volto.

 

 

 

D.A.

Improvvise nella memoria.

 

 

Improvvise nella memoria

mute schegge d’inverno

sfilacciano

quell’ultimo tuo sorriso

spazzato via

da una mareggiata.

Non oso mordere

il giorno che viene.

I denti non reggono più

la stretta

di questo tempo feroce.

Andiamo via, ti prego!

Danzeremo tra le navi

che affondano.

Lanceremo in aria

i cuscini colorati

della nostra disperazione.

Liberiamolo

il nostro amore condannato!

La memoria dell’infanzia

non ha un testo.

E’ solo un fumetto

di segni stranieri,

disertori, incapaci

di rammendare

un tempo vuoto.

Oggi ne è rimasta

una forma lisa,

sbriciolata ai bordi,

odorosa di basilico

e origano

soffiati a tratti

oltre il cielo

di una nuvola di farina.

Dario Arpaio.